Esempi? Il PIF cosmetico è una patente e non una formalità burocratica
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Esempi di PIF? Tanti e diversi. Dipende dal prodotto.
È possibile cercare in rete su un qualsiasi motore di ricerca varie indicazioni e linee guida utili per la redazione di un PIF (Product Information File). Ovviamente la via migliore da seguire è quella di indirizzarsi verso i consigli forniti dalle Autorità Europee o sentire il parere di uno studio regolatorio competente (strada che la nostra azienda ha seguito prima dell'entrata in vigore del nuovo regolamento e fa ogni qualvolta ce n'è bisogno).
Se i pareri abbondano, come pure le proposte di redazione di PIF da parte di nuovi soggetti, gli esempi del Nuovo Dossier Cosmetico scarseggiano: ma ciò è dovuto alla natura stessa del PIF, per come è definito dal Regolamento CE 1223/2009.
A differenza del vecchio dossier cosmetico previsto dalla precedente Direttiva europea 76/768/CEE, il PIF si configura non più, come una semplice check list di documenti tecnici o dati da dover conservare, come ad esempio schede di sicurezza delle materie prime, caratteristiche chimico fisiche o analisi microbiologica del prodotto finito.
Oggi il PIF prevede una relazione ragionata e giustificata su basi scientifiche che prenda in considerazione ogni aspetto del prodotto finito, come ad esempio la fase produttiva, il materiale del quale è costituito il contenitore e la tipologia stessa del confezionamento primario, le informazioni tossicologiche e tossicocinetiche degli ingredienti, in relazione alla tipologia e al modo d’uso del prodotto finito.
Ecco dunque che ogni cosmetico è un caso a se da analizzare nella complessità delle sue mille sfaccettature, giustificando, con supporto razionale e scientifico, ogni singola scelta fatta dal Valutatore della Sicurezza.
In sintesi questo è il motivo per cui è difficile, se non impossibile, trovare un esempio di dossier cosmetico che vada bene per un gran numero di cosmetici, perché le scelte valutative, logiche per un prodotto, possono non valere per un altro, benché appartenente alla stessa categoria cosmetica.
Si può invece sintetizzare la sua struttura che a noi esperti del settore ormai è impressa nella nostra mente. Grazie a questa esperienza, riusciamo a valutare la bontà di qualsiasi PIF che ci passa sotto gli occhi. Capiamo subito se il PIF in questione rientra in una di queste casistiche:
- PIF mascherato, un remake del vecchio dossier per cui non valido: un PIF quindi non a norma, per esempio mancante della dichiarazione di conformità rilasciata dal fornitore del Packaging.
- PIF incompleto, per cui valido parzialmente: un PIF a prima vista completo ma valido parzialmente, per esempio quando mancano specifiche informazioni tossicologiche.
- PIF completo e valido: il PIF come richiesto dalla normativa, che consente di lavorare in tutta sicurezza e consci che il proprio prodotto circola nel mercato europeo senza dubbi e senza rischi per la salute dei cittadini europei.
Ricordiamo che un PIF deve essere validato con la firma elettronica del Valutatore, la copia del diploma di laurea e, se necessario, la prova dell’equivalenza, come previsto nell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1223/2009.